lunedì 12 marzo 2012

Lamentoni? No, grazie!

E' carattere o saggezza maturata dall'esperienza?
Me lo sono sempre chiesta.
E ho sempre sperato, per tutta la vita, che fosse la seconda.
Sfortunatamente, temo non sia così.
Altrimenti non ci sarebbero tutti questi lamentoni in giro.
Se si imparasse ad essere pazienti e ad accettare le cose come stanno,
non saremmo sommersi dai lamentoni.
Si lamentano dal vivo.
Si lamentano per e-mail.
Si lamentano su Facebook e su Twitter, santi numi.


E sono un precario (beh, benvenuto nel club!).
E c'ho l'emicrania (la piglio io, in cambio di anche solo una delle Magnifiche 6! Dove firmo? Eh?)
E mio marito non mi porta mai fuori (quindi portare fuori la spazzatura non conta, mi par di capire).
E non ce l'ho, un marito (ma per forza, non fai altro che lamentarti!).
E con quindicimilaottocentosetteeuro al mese e seimila di vitalizio non campo (questi sono quelli che preferisco, giuro).
Eccheppalle.
E poi, il top dei top: "Sì, vabbè. Certo che in Africa muoiono di fame, ma che c'entra con me?".
Amen.
Sfatiamo un mito: lamentarsi è un diritto sacrosanto.
Del resto tutto è relativo, altrimenti il vecchio Albert non avrebbe la sua faccia stampata sulle magliette.
Ma che ne è del nostro, di relativo?
Dove sta scritto che noi che impariamo a scherzare (vedi la saggezza maturata dall'esperienza) con le nostre disgrazie, a conviverci e ad essere grati perché sono "solo" quelle, dobbiamo essere circondati da lamentoni?
Ognuno ha i suoi problemi, certo. Ma c'è modo e modo.
Ripeto: lamentarsi è sacrosanto.
Io lo faccio in continuazione.
In fondo sono qui giusto a lamentarmi dei lamentoni.
Ma lo faccio con ironia.
Ho imparato a lamentarmi con ironia.
Perché il vantaggio è duplice: io imparo a riderci su, o quantomeno ad avvicinarmi alla Beata Rassegnazione.
E gli altri non sono costretti a farsi frantumare le palle dalle mie lamentele.
Anzi, magari quando va bene riesco anche a strappar loro un sorriso.
Poi, certo.
Non tutti capiscono.
Non tutti hanno lo spirito necessario a vedere le cose in una certa prospettiva.
Se penso che c'è sempre chi sta peggio di me, io vedo il bicchiere mezzo pieno.
Sarò malata.
Sarò in lutto.
Saranno 11 anni che non riesco ad andare in vacanza.
Ma sono qui.
Per qualcuno, pare, pensare che c'è chi sta peggio di noi è avvantaggiarsi sulle disgrazie altrui.
Eh, no.
Le disgrazie ce le abbiamo tutti (relative a noi stessi e al nostro mondo).
Ma quelli che stanno peggio sono quelli che non sono più qui.
A quelli dobbiamo pensare.
E smettere di lamentarci.
O imparare a farlo guardando le cose nella giusta prospettiva.
Beh.
Eccola qui, la mia prospettiva:
Io sono qui.
Tante altre persone che ho amato, no.
Ma io sono qui.
E i lamentoni pure, accidenti a loro.






2 commenti:

  1. Fortissimo!!!! mi sembra che mi hai letto nel pensiero. CIAO simpaticisssssima

    RispondiElimina
  2. Eh Polee... c'hai ragione, c'hai!
    Ma certe volte la frizione scappa e a me verrebbe una gran voglia di sopprimerli fisicamente tutti questi "gnugnu-lamentini" che pensano di essere gli unici sulla faccia della terra ad avere problemi e si sentono in diritto di vomitarli sugli altri!
    Boia! Mi sono lamentata pure io con questo sfogo!

    RispondiElimina