venerdì 18 ottobre 2013

(Ancora) la questione della lingua

Pochi giorni fa ho riaperto il blog sulle serie tv (spiegando il motivo della mia lunga assenza) così oggi riprendo in mano questo, sperando di ritrovarvi tutti... Perché vorrei proprio avere la vostra opinione.
Da lettrice compulsiva e da scrittrice, considero da sempre la qualità della prosa come una caratteristica irrinunciabile per un buon libro.
Mi spiego: un libro scritto male, per quanto possa essere originale o raccontare (male, appunto!) una storia potenzialmente interessante, per me non ha valore. Lo lascio perdere subito.
Oggi mi è capitato di "infilarmi" in una discussione su Facebook e mi è parso di capire che la tendenza attuale è opposta alla mia: va bene tutto, scritto anche in un italiano stentato, con errori grammaticali o con un uso improprio della punteggiatura. Basta che il contenuto sia originale.

So che molti di voi sono lettori appassionati, come me.
Perciò mi piacerebbe moltissimo conoscere la vostra opinione sulla questione, tenendo presente che spesso (a meno di poter conferontare le due versioni) non è possibile determinare se lo stile "brutto" sia attribuibile all'autore o al traduttore, in caso di letteratura straniera.
Ma avendo piena fiducia nei numerosi traduttori che compiono al meglio il loro lavoro (senza nemmeno ottenere grandi riconoscimenti, aggiungerei), tendo a dar fiducia alla traduzione e a prendermela con l'autore.
Le sviste possono capitare, per carità. Refusi, frasi corrette che per metà riportano la versione precedente. Succede. Ma qui stiamo parlando di ben altro.
Faccio due esempi: "Le fantastiche avventure di Kavalier & Clay" di Michael Chabon è un libro affascinante, con una storia che ti cattura e ti incuriosisce. Nonostante ciò, e a malincuore, io l'ho abbandonato. Un solo punto in un'intera pagina, un'infinità di incidentali, dozzine di parole fra il soggetto e il verbo: uno stile che rende impossibile abbandonarsi al fascino della lettura. Perché rende diffcoltoso seguire il filo del discorso, arrivare al punto, concentrarsi su ciò che conta davvero. Cioè quello che quando un libro è ben scritto appare come per magia dalle pagine, prendendo vita: eventi, personaggi, luoghi.
Nonostante fossi catturata dalla storia, ho abbandonato il libro perché l'ostentazione di uno stile "diverso", o semplicemente di una prosa non all'altezza, mi irritava troppo e passavo il tempo pensando a quello, anziché all'evoluzione della vicenda.
Altro esempio: ho comprato su Amazon in ebook (credo fosse una delle offerte del giorno, ma non ricordo con certezza) un libro di Sonia Cardini intitolato "Contagio".
Essendo una zombie-story, ha subito catturato la mia attenzione... Così come la mia irritazione.
Un altro libro scritto male, con delle ingenuità linguistiche attribuibili a un tema delle superiori, forse. Dico forse perché francamente non ricordo se alle superiori io e le mie compagne scrivessimo ancora così male, con errori di concordanza soggetto-verbo, ossimori, anacoluti, dialisi portate all'estremo...
Senza contare il Grande Assente. Il congiuntivo. Il quale, suo malgrado, ultimamente non è solo un Grande Assente; è anche un Impropriamente Sfruttato.
Mi capita spesso di trovare un congiuntivo al posto di un indicativo presente. A molti pare "elegante". Magari ce lo mettono apposta. Però è un errore anche quello.
Come il "gli" usato per dire "a lei" e "a loro". Pare un'epidemia. Ne ho beccato uno anche in un libro di Vitali e mi è quasi crollato il mondo addosso...
Insomma: quanto conta la forma per voi? Quanto riuscite a immergervi nella narrazione seguendo uno stile "incidentato"?
Avete voglia di dirmi come la pensate, di raccontarmi le vostre esperienze con libri scritti più o meno bene?
Proprio riflettendo sulla questione, mi sono resa conto che i miei 10 "grandi amori" letterari sono tutti scrittori ineccepibili dal punto di vista formale: Jonathan Coe, Alan Bennett, Chuck Palahniuk, Christopher Moore, Joseph Conrad, Richard Matheson, Philip Dick, Jane Austen, Truman Capote e Lev Tolstoj. 
Ineccepibili.
Magici.
Padroni del linguaggio come gli scrittori dovrebbero essere.

4 commenti:

  1. Ecco, è una questione che mi ha sempre turbato: forma o contenuto? Io dico che bisogna essere abbastanza lungimiranti da saper apprezzare ognuna delle due cose a modo suo. Ovviamente quando parlo di 'brutta scrittura' neanche considero i testi sgrammaticati o scritti da un autore evidentemente acerbo. Parlo di testi in cui non ci sia una particolare attenzione alla forma, al bel periodare, alle chiuse quasi poetiche. Per me così è stato con The Hunger Games. Sarà che non l'ho letto in lingua oiginale, ma lo trovavo molto, troppo elementare, di una prosa quasi macchinosa. Però ho amato la storia, e tuttora penso che se fosse stata scritta da un valido autore sarebbe passato alla storia come un classico della letteratura. Sono forse un cattio giudice di libri, perchè difficilmente leggo qualcosa che non siano i grandi classici, e quindi, per definizione, di datazione abbastanza passata. Ma in generale penso che un ottimo contenuto possa far chiudere un occhio anche al più snob dei lettori (such as me), e, viceversa, si possa ammirare un libro solo per la forma, come se fosse un bel quadro. Un buon esempio sono i libri di D'Annunzio, di contenuto banale, spesso debole, ma scritti con una voluttà tutta da gustare, nella prospettiva di assaporare la semplice melodia del succedersi dei suoni.

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  2. Domandona...
    Io sono una pigra infinita che non bada al particolare, poco fine di palato, che smangiuccha tutto... basta che in fin dei conti non faccia letteralmente e completamente schifo.
    E, come scrittrice, sono piena di lungaggini, periodi lunghi e digressioni che portano il lettore a perdere l'attenzione.
    Bado a scrivere ciò che interessa me, non scrivo perché piaccia al prossimo, anche se il fatto che scriva in pubblica piazza poi preveda un'esposizione che dovrebbe tenere conto del feedback del pubblico.
    Un libro può contenere errori e una forma poco elegante, ma lo leggo se la storia tutto sommato mi piace.
    Sarà anche che non mi sono ancora veramente ingozzata di letture... perché la capacità di valutare il sapore di qualcosa, almeno a livello oggettivo, arriva quando si sono fatte diverse prove.

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  3. Alessandra ha centrato il punto fondamentale secondo me: una prosa sgrammaticata è qualcosa di diverso da uno stile banale o poco elegante. La prima è un assoluto deterrente anche per me, mentre il secondo è un problema superabile. Poi ci sarebbero alcune altre piccole differenze, per esempio se è solo lo stile della narrazione e il linguaggio usato ad essere poco elegante o se anche la gestione dei personaggi e il loro approfondimento ad essere approssimativo o banale.
    In definitiva credo si tratti di una questione di equilibrio, un po' come se si trattasse di pesare gli elementi sui piatti di una bilancia: più lo stile è carente e più la trama deve essere interessante per mantenere l'equilibrio e farmi arrivare almeno alla fine del libro; allo stesso modo, più la narrazione mi intriga e meno sento la necessità di una trama veramente avvincente per arrivare all'ultima pagina. Ovviamente, come in ogni bilancia, c'è un limite oltre il quale semplicemente i piatti toccano terra, io prendo a calci la bilancia e butto il libro nel bidone XD

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  4. Io, che quando uno parla e sbaglia il congiuntivo, fosse anche il papà, lo guardo male, ma proprio male e spesso (odiata da tutti) lo correggo, non mi ero mai posta il problema fin quando mi è capitato in mano la serie "Il diario del Vampiro".
    Io lo trovo scritto male, a volte non capivo chi parlava con chi, o se stava parlando o pendando...una confusione totale, credevo di essere io il problema, ma chiedendo in giro qualcuno mi ha dato ragione.
    In questo caso poi trovo che la storia avesse del potenziale, i primi tre libri erano passabili, dal quarto in poi il mio cervello voleva buttarsi dal quinto piano!
    Per fortuna poi hanno realizzato il telefilm che si è nettamente discostato dal libro sia per storia che per personaggi!
    Avevo comprato i primi sei libri per poi inorridita venderli per pochi spicci pur di non vederli più in giro per casa.
    Detto questo però provo un amore odio, una curiosità nel vedere le differenze tra l'evoluzione dei personaggi libro-telefilm, che quando escono in biblioteca li prendo comunque con calma...non me li godo più che altro mi faccio del male, ma è un caso a parte c'è Damon che giustifica questa tortura!
    Ale

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