martedì 31 dicembre 2013

Le mie letture: Anno 2013 - Parte 4 (RECENSIONI dei titoli da 76 a 100)

Ci siamo: eccoci in dirittura d’arrivo per il numero 100. Da qui in poi, per l’ultimo post di questo lungo ciclo di recensioni, i giochi sono fatti. Tutti i libri che sarò riuscita a leggere (l’obiettivo dei 120 sarà stato realizzato? Suspense…) nel 2013 verranno svelati il 3 gennaio. Ma i giochi sono chiusi. Da oggi, 31 dicembre, il tempo è scaduto. In questo quarto appuntamento c’è molto Alan Bennett, uno dei miei scrittori preferiti. C’è il “caso” che mi ha molto turbata, quello del libro di Sam Pivinik, ci sono I dodici (che ho amato alla follia), ma ci sono anche diversi libri che sconsiglio (capita, di incappare in delusioni più o meno cocenti). Naturalmente si tratta sempre di opinioni personali. Però quando c’è la forma che proprio non regge, oggettivamente quello che si potrebbe salvare è ben poco…
Quindi eccoci qui. Le recensioni dal numero 76 al numero 100 sono qui. Insieme ai miei migliori auguri di Buon Anno!


76. I segreti del Vaticano di Corrado Augias
Interessante, parecchio, per alcuni capitoli. Fuori tema, sempre parecchio, per altri. Augias racconta alcuni segreti della storia di questo Stato catturando la tua attenzione, poi però si perde in un’estasiata analisi artistica delle opere che ospita. Comprensibile, per carità. Soprattutto per una che ai musei vaticani c’è stata, ne riconosce il fascino, e a storie come quella della costruzione della Basilica di San Pietro è interessata. Ma quando è troppo, è troppo: questo è un libro d’arte, più che altro. Un buon libro d’arte, senza dubbio. Ma avrei preferito saperlo prima, invece di trovarmi a leggere qualcosa che il titolo spaccia per qualcos’altro.

77. Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino
La guerra attraverso gli occhi di un bambino. Un ragazzino che cresce mentre attorno a lui il mondo è impazzito. Un giovane destinato a un futuro incerto, che sceglie da che parte stare come se fosse la cosa più naturale del mondo ed è pronto a correre i suoi rischi come se anche questo fosse del tutto naturale. Coraggio, ingenuità, paura, furore, incapacità di capire la guerra: negli occhi di Pin c'è tutto questo, ma anche molto altro. Ad esempio, nei suoi occhi c’è una delle migliori riflessioni sul "senso" (che non esiste) della guerra. Raccontata con la maestria di uno dei più grandi narratori di tutti i tempi. Imperdibile.

78. Il superstite di Carlo Cassola
Cassola sceglie di raccontare la fine del mondo attraverso lo sguardo di un cane, Lucky, unico sopravvissuto a una catastrofe nucleare. Lo spunto è originale: per una volta, quando il mondo finisce, non c’è un essere umano a raccontarcelo. C’è il suo migliore amico, un cagnolone che si aggira per un mondo che non riconosce più restituendoci il dolore della perdita e della solitudine. Carlo Cassola è uno degli scrittori italiani più amati e celebrati, ma non tutti conoscono questo romanzo. Io consiglio vivamente di recuperarlo.

79. La cerimonia del massaggio di Alan Bennett Dissacrante, provocatorio, pungente. Alan Bennett dà il meglio di sé in questo racconto del funerale di un personaggio che si scoprirà aver avuto legami con gran parte della comunità che si reca all’evento mondano dell’anno (il suo funerale, appunto). Un’altra imperdibile lezione di stile da parte di un maestro che ci svela il momento in cui la morte diventa occasione per mettere in mostra il meglio e il peggio di sé. 

80. Auschwitz - Ero il numero 220543 di Denis Avey 
Ho letto recensioni di lettori che si sono lamentati di essere stati "ingannati" dal titolo di questo libro. A me non è successo e sono molto contenta di aver letto questa preziosa testimonianza. Sapevo che era la storia di un soldato inglese e della sua permanenza ad Auschwitz, ma in un campo diverso da quello riservato agli ebrei. Perché un punto di vista "esterno" non è meno significativo: Avey racconta l'orrore della guerra, della prigionia, dell'umiliazione e del dolore legati all'offesa più grande: la cancellazione della libertà e della dignità dell'uomo. La cosa che colpisce del racconto, spesso commovente è la sua determinazione nel far conoscere al mondo l'orrore a cui il mondo non voleva credere, e al contempo l'incapacità di parlare di quella terribile esistenza per molti decenni. Perché la guerra lascia segni indelebili in chiunque l'abbia vissuta.

81. Ritratto di famiglia con superpoteri di Steven Amsterdam
Peccato: un'idea vincente (la struttura con i diversi punti di vista e i salti temporali, legati ai vari protagonisti) sprecata con uno svolgimento un po' banalotto, aggravato da uno dei superpoteri più inutili mai sentiti (in mezzo a grandi classici del genere, e in tempo di grande celebrità dei supereroi) e con svariati errori grammaticali (attribuibili al traduttore?). Se volete un consiglio, lasciate perdere. I libri interessanti sono troppi, il tempo è quello che è. Non perdetene dietro a questo lavoro di Amsterdam.

82. La signora nel furgone di Alan Bennett
Fra tutti i libri di Bennett, che come avrete capito è uno dei miei scrittori preferiti, questo è sicuramente quello più toccante. L’ironia c’è, ma c’è anche il dramma della solitudine. Potente, dignitoso, sconvolgente. La storia della “signora pazza” che vive per strada prima e nel furgone poi, contrapposta a quella dell’uomo “normale” che tollera la sua presenza e finisce per affezionarcisi ci insegna a non giudicare. A ricordarci che siamo tutti esseri umani e che la storia di ognuno fa di noi ciò che in parte scegliamo e che in parte siamo destinati a diventare.

83. La sovrana lettrice di Alan Bennett
Mi è piaciuto a tal punto che ne ho comprate altre tre copie da regalare. Breve, come sempre (Bennett non è uno che mena il can per l’aia: va dritto al punto e ti racconta tutto quello che ti deve raccontare senza lasciare alcuna curiosità insoddisfatta). Geniale, come sempre. Divertente, come sempre. La storia della passione della regina Elisabetta per la lettura: una passione segreta, da nascondere, da condividere con i membri più umili del suo staff. Perché gli altri non capirebbero, ma soprattutto non vorrebbero che la sovrana “perdesse” tempo a leggere, avendo cose ben più importanti da fare...

84. L’amore bugiardo di Gillian Flynn
Ho letto i due estratti gratuiti acquistati su Amazon: “La versione di Nick” e “La versione di Amy”. Poi ho acquistato il romanzo completo, convinta che si trattasse della storia di un amore e di una separazione raccontata attraverso due punti di vista opposti, quello di lui e quello di lei. Ho pensato che si trattasse di uno spunto interessante, quindi partivo già ottimista. Ma ho trovato ben altro, rispetto a quanto mi aspettavo: un giallo appassionante e appassionato, con uno di quei finali che ti mettono i brividi e ti lasciano lì a pensare che... Ops! Quasi vi spoilero! :-)

85. Il destino è un tassista abusivo di Luca Manzi
Luca Manzi è uno dei nomi dietro le quinte di Boris, "la" fiction italiana per definizione. Già solo per questo meriterebbe la nostra fiducia, o almeno ha meritato la mia, visto che le serie tv sono il mio pane quotidiano. Ma non è solo un brillante autore televisivo: è anche un gran romanziere. Anche Il destino è un tassista abusivo è uno dei titoli consigliati dagli amici quand’ero affamata di letture "leggere" ma appassionanti da portarmi in ospedale insieme al fedele Kindle. Ed è proprio così: "leggero" perché divertente, appassionante perché mescola tutti gli ingredienti per catturare l'attenzione del lettore: amore, amicizia, famiglia, arte, personaggi nei quali specchiarsi, ai quali sentirsi vicini o nei quali ritrovare qualcuno a noi caro. Personaggi "veri", insomma. Come quelli che funzionano in una buona sceneggiatura. Inoltre, questo è un romanzo ottimamente scritto. Cosa che, di questi tempi, non è sempre scontata...

86. Diario di un sopravvissuto agli zombie di J.L. Bourne
Accidenti a me. Ho iniziato a leggerlo una sera, quando il mio orario limite per dormire (mi sveglio presto e poi non dormo più: leggo. Ecco perché sono qui a recensire oltre cento libri…) era già quasi stato superato. Ma no, io dovevo iniziare questo romanzo proprio appena prima di addormentarmi… Risultato: non mi sono addormentata. Ho letto oltre metà libro tutto di fila, poi mi sono imposta di smettere e ho finito nei due giorni successivi. Una buona zombie story, senza spunti originali ma con un taglio “maschile” (il protagonista è un militare che si esibisce in parecchie trovate “tecniche” alla MacGyver) e una descrizione così dettagliata degli eventi da risultare coinvolgente. Soprattutto nella prima parte. Peccato che l’autore non abbia saputo mantenere alto l’appeal della storia nel seguito (leggi sotto)…

87. Diario di un sopravvissuto agli zombie 2: Oltre l’esilio di J.L. Bourne
Un’occasione sprecata. Se nel primo romanzo lo stile di Bourne risultava funzionale alla narrazione, qui diventa noioso, ripetitivo, privo di fascino. Incapace di coinvolgere come aveva fatto nella prima parte del romanzo precedente. Un gran peccato. Alla fine gli eventi di questo seguito sono forse anche più interessanti di gran parte di quelli del primo capitolo, ma è lo stile che non lascia spazio. Annoia, ripeto. Tanto che non ho acquistato il romanzo successivo, Diario di un sopravvissuto agli zombie 3. Penso di poter sopravvivere benissimo senza conoscere il resto di questa storia… 

88. Contagio di Sonia Cardini
Passi l'assenza di elementi originali (tutto riconducibile a film e letteratura precedente), passino i personaggi stereotipati e "tagliati con l’accetta"... Ma l'autrice non può affermare nella prefazione che "le storie di zombie sono tutte uguali, conta come sono scritte", e poi non essere in grado di coniugare i verbi, usare i vocaboli a sproposito (non prendersi nemmeno la briga di controllare sul dizionario è mancanza di rispetto per il lettore, per come la vedo io. Sarà che io per lavoro scrivo e so bene che i refusi scappano, ma gli errori grammaticali no!). Insomma, il libro dovrebbe spaventare per la storia, non per la prosa! Ma spaventa per la prosa. Sconsigliatissimo.

89. I dodici di Justin Cronin
Il degno seguito de Il passaggio, uno dei miei romanzi preferiti del 2012. Questo secondo capitolo (il terzo, conclusivo, vedrà la luce nel 2014), in un certo senso osa di più. Se nel primo libro Cronin aveva il compito di restituirci l’immagine di un mondo dominato dai vampiri (non quelli tradizionali della letteratura, però), un mondo in cui gli esseri umani sono costretti a vivere reclusi, i bambini imparano solo a una certa età - troppo presto - ad affrontare le loro paure e i grandi non possono sperare in un futuro migliore, le cose sono cambiate. I dodici li conosciamo già: sappiamo chi sono. Li temiamo, ci siamo affezionati ai protagonisti, abbiamo già visto il mondo della saga attraverso i loro occhi. Quindi ci lasciamo coinvolgere emotivamente da un romanzo che presenta molte più scene “dure”, tutte motivate dalla necessitò di addentrarsi in un orrore che nel romanzo precedente ci era stato solo accennato…

90. Il tasto G: donne, amori, uomini e ascensori: in viaggio su e giù per i pianerottoli del cuore di Rossella Calabrò
Il tasto G è molto diverso da 50 sbavature di Gigio e 50 smagliature di Gina. Non è un libro comico sui rapporti fra i sessi, bensì una raccolta di racconti (o meglio: favole) pieni di metafore e messaggi anche importanti. Solidarietà, amore, comprensione, accettazione: fra le vite dei condomini, commentate dall'ascensore (il personaggio migliore), c'è questo e molto altro. Incluso il filo conduttore dell'ossessione femminile, sempre molto attuale, per la "ciccia". Raccontato, come sempre quando c'è di mezzo Rossella Calabrò, con tanta ironia, qualche provocazione e una scrittura scorrevole.

91. Manuale di sopravvivenza per ragazze in crisi di Sara Lorenzini
Altri soldi sprecati. L’ho pagato pochissimo, ma è stato comunque troppo. Passi la banalità delle “ricette” anti-crisi che un pensierino delle elementari avrebbe eguagliato per originalità. Se almeno (come lasciava furbescamente intuire il titolo) ci fosse stata della sana ironia, sarebbe filato tutto liscio, o quasi. Invece no: la Lorenzini si prende (ma soprattutto “ci” prende) troppo sul serio. Banalità messe insieme con lo sputo, come si diceva una volta. Non ci siamo proprio. 

92. Breve storia di un ender di Lissa Price
Mi è piaciuto, questo estratto, ma non tanto da spingermi ad acquistare il resto del romanzo per leggerlo. Benché ben scritto, benché ben ambientato in un contesto fantascientifico di quelli che piacciono a me... Qualcosa non va. È eccessivamente prevedibile e anche un po’ semplicistico. O forse solo noioso. O magari, per una che ha letto e visto tanto di fantascienza, l’effetto dejà vu è troppo forte. Quasi insopportabile.

93. Maledetti da Dio di Sven Hassel
L'orrore della guerra raccontato da chi l'ha vissuta in prima linea, e per di più dalla "parte sbagliata" senza potersi sottrarre a ordini che non avrebbe mai voluto eseguire. L'orrore dei campi di prigionia, la diserzione, la disperazione per la perdita delle persone più care in un vortice narrativo mai sensazionalistico, costruito con un ritmo pacato e con una terminologia semplice ma al tempo stesso agghiacciante. Uno di quei romanzi che raccontano la verità come solo chi è sopravvissuto all'orrore può fare.

94. La casa del sonno di Jonathan Coe
Lo sostengo da sempre: nessuno scrive come gli inglesi. C'è poco da fare: nessuno scrive come loro... E pochi, davvero pochi, scrivono come Jonathan Coe. La casa del sonno è un libro perfetto: geniali la struttura, il passaggio fra presente e passato, l'alternanza fra le voci dei personaggi, gli intrecci del destino (vero punto nodale della narrazione) e, soprattutto, l'ironia della vita. I personaggi negativi vengono puniti, prima o poi, e coerentemente vengono puniti in modo ironico: basta aspettare e arriverà il momento. Mentre i personaggi positivi (che sono molto di più), complessi e così adorabilmente imperfetti, sono lì per noi. Per parlarci di amore, fato, sogni, veglia e di quell'irripetibile intreccio di eventi e sentimenti chiamato vita.

95. Parola di cadavere di Andrea Vitali
C'è poco da fare: i romanzi di Vitali in un certo senso (positivo) sono tutti uguali… Perché ti trasportano in un mondo rassicurante, gradevole, amichevole; perfino quando raccontano di furti, bullismo, morte e qualsiasi altro evento nefasto che possa turbare la vita di un essere umano. I romanzi di Vitali sono tutti ottimamente scritti (sono incappata in un "gli" per dire "a lei" e sono quasi svenuta, ma finora è stato un caso isolato su una decina di libri completati). I romanzi di Vitali sono infarciti di personaggi che non possiamo non amare. I romanzi di Vitali... vanno letti.

96. Vite bruciacchiate: ricordi confusi di una carriera discutibile di Elio e le Storie Tese
Sono cresciuta con i dischi di Elio e i suoi testi irriverenti. Mio marito conosce a memoria tutte le canzoni, non fa che cantarle alla prima occasione. Per anni ho lavato e stirato magliette con scritte sul genere “Sto capendo la dance”. Non potevo non amare questo excursus divertente, con il contribuito di tante “voci” diverse, fra ricordi e aneddoti che solo chi vanta una grande carriera può regalarci.

97. Nudi e crudi di Alan Bennett
Alan Bennett... Che dire? Finisco per ripetermi sempre. Bennett è uno di quegli scrittori che possono fare di te ciò che vogliono, tanto tu stai lì a divorare avidamente qualsiasi cosa vogliano sottoporti. Come questo breve romanzo ricco di metafore, di humour e di descrizioni perfette che fanno riflettere sulla relazione fra le persone e le cose: alla fine, chi possiede chi? 

98. L’ultimo sopravvissuto di Sam Pivinik 
Confesso che è faticoso, per me, scrivere questa recensione. Tutto mi aspettavo, da questa storia, tranne il fatto di arrivare a trovare antipatico il protagonista. Ne ha passate di cotte e di crude, ha tutta l’umana comprensione possibile e ho letto la sua storia - come faccio sempre quando leggo libri sul nazismo - per rendere omaggio a chi ha sofferto e per condannare (moralmente e storicamente, ancora una volta) chi ha commesso quegli orrori. Eppure questa volta qualcosa mi ha dato fastidio. Pur comprendendo la difficoltà emotiva di vivere e raccontare simili orrori, ho trovato fuori luogo l’incapacità dell’autore di mettersi al livello degli altri. Condanna l’assassinio affermando che nulla lo giustifica, tantomeno ordini superiori che potrebbero costarti la vita, e poi uccide egli stesso, costretto da “ordini superiori” che potrebbero costargli la vita. C’è un’auto-indulgenza eccessiva nella sua visione storica degli eventi (col senno di poi, s’intende). Una visione personale e popolare. Sulla tua vita puoi dire ciò che vuoi, ma non puoi negare che gli ebrei abbiano lottato, eccome. Nel ghetto di Varsavia, e in molti altri luoghi e momenti. Affermare che non si siano ribellati perché non potevano fare altrimenti significa svilire tutti gli atti di coraggio e i sacrifici di quelli che hanno dato la vita per combattere i nazisti. Non so se sono riuscita a spiegarmi, ma ammiro troppo il coraggio di chi ha combattuto per non restare colpita da chi afferma ripetutamente, per tutto il libro, che accettare passivamente era l’unica scelta. Resta chiaro che quando si tratta di sopravvivere bisogna trovarcisi, nei panni di chi si gioca la vita; ma penso che sia comunque legittimo dissentire dall’atteggiamento del protagonista. Non sto affermando che io avrei fatto diversamente. Sto solo dicendo che per insegnare, ricordare e rendere omaggio sarebbe stato molto più opportuno un approccio meno portato all’affermazione assoluta della mancanza di alternative.

99. La soluzione finale di Enzo Collotti
Un libro che ho acquistato e letto per capire, ottenendo il mio scopo: ho capito un po’ di più della pagina più oscura della nostra storia. Ho capito meglio il ruolo dell’Italia - e non ne sono certo fiera. Ho capito perché sono stata spinta a riflettere sul senso di ogni singola scelta che ha portato all’Olocausto. Tante scelte, tanti fattori, tante complicità dirette verso un orrore che molti, troppi, nascondono dietro la follia di un solo uomo. Le responsabilità sono tante. E di tutti. Collotti non lascia dubbi a proposito e per questo non si può che ringraziarlo.

100. Per una cipolla di Tropea di Alessandro Defilippi
Breve, ben scritto, simpatico. Racconta un'indagine condotta da uno di quei personaggi che ti risultano simpatici fin dall'inizio e ti trascinano con loro in una storia che celebra la passione italiana per il buon cibo, per i tutori della legge che sanno distinguere fra Bene e Male e per la buona scrittura. Sono molto soddisfatta di questo mio primo approccio a Defilippi, che sicuramente continuerò a leggere.

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