venerdì 28 febbraio 2014

La Polee Bookaholic : i libri di febbraio 2014

Colpo di scena! Visto che a febbraio ho scritto, pubblicando il mio primo romanzo (breve), nella seconda settimana del mese non ho praticamente letto. Ero convinta che sarei rimasta indietro sul mio obiettivo di letture mensili, invece voilà! Provvidenziale (si fa per dire) influenza: 5 giorni a letto a non far altro che leggere. Che fortuna, eh?!
Come al solito, per presentarvi i titoli ho mantenuto l’ordine progressivo di lettura. E il numero progressivo generale continua dal mese precedente, così vediamo dove arrivo nel corso dell’anno. E la rigidissima regola SPOILER FREE. Direi che ho degli ottimi consigli letterari per voi. Ma anche qualche titolo che non convince del tutto. Enjoy!

14. Nobody di Charlotte Link 
Ho pensato tanto a cosa ci fosse che non andava in questo libro; a cosa mi impediva, pur avendolo letto con un certo interesse e con un ritmo piuttosto elevato, di trovare davvero soddisfacente la storia. L’approfondimento psicologico è un po’ spiccio e il “super segreto” attorno al quale ruota la trama si intuisce presto, ma non è questo il problema. Il libro è ben scritto e se fosse stato un romanzo drammatico avrebbe fatto centro, ma spacciandosi per un giallo l'impegno non è stato sufficiente: l’intreccio è troppo debole, i personaggi un po’ troppo stereotipati, la conclusione e i colpevoli facilmente individuabili. “Prevedibilità” è la parola chiave. Ci sono alcune parti coinvolgenti, che ti impediscono di interrompere la lettura, ma non basta: quando l’evoluzione di trama e personaggi è prevedibile, io mi annoio. Anche con un testo ben scritto. 

15. Mi girano le ruote di Angela Gambirasio
Conosco Angela Gambirasio da diverso tempo. L’ho conosciuto perché sono amica di suo fratello. Ho iniziato a seguirla su Twitter parecchio tempo fa, imparando subito ad amare la sua autoironia, le sue irresistibili frecciate velenose e il suo sarcasmo. Nel suo libro, dall’inequivocabile titolo “Mi girano le ruote”, c’è tutto questo ma anche molto di più. Al capitolo sul matrimonio a momenti rotolo giù dal letto dal ridere, alla gita in pronto soccorso ortopedico piangevo (io dal ridere, lei meno. Scusa Engy). E alla storia dell'aria condizionata in treno credevo che ci sarei rimasta secca, soffocata dal ridere. Quindi vi avviso: questa non è la storia strappalacrime di un disabile che si piange addosso e cerca di spiegare ai normodotati quanto sia difficile lottare ogni giorno contro i pregiudizi, le frasi fatte, l’impossibilità di accedere ai servizi che per legge ti sono dovuti. Nossignore: Angela Gambirasio non piange addosso a nessuno, figuriamoci a se stessa. Da persone così bisogna soltanto prendere esempio. Io sono una grande sostenitrice dell’autoironia. Credo fermamente che sia la chiave per imparare a convivere con qualsiasi situazione di disagio. Angela Gambirasio me lo conferma, e mi insegna anche che ciò che pensavo è proprio vero: non ci sono disabili e normodotati, ci sono solo persone intelligenti e persone che non hanno alcun interesse a migliorarsi. Persone stupide, insomma. Perché la stupidità è questo: rimanere fermi sulle proprie posizioni a prescindere da tutto. Se ci riesce una che in teoria sulla propria posizione dovrebbe rimanerci, bella ferma, figuriamoci cosa possono fare i bipedi… 

16. Io sono febbraio di Shane Jones 
Questo è un libro molto particolare: si ama o si odia. Si accetta e ci si sforza di capirlo o ci si ferma alla sua complessità, rifiutandosi (legittimamente: la lettura è pur sempre uno svago) di impegnarsi per andare oltre. Io faccio parte di quelli che l’hanno amato, che hanno apprezzato la sua originalità e la poesia che contiene. “Io sono febbraio” è una favola. Una fiaba moderna per adulti che ci ricorda come siano importanti le cose che diamo per scontate. Siamo talmente abituati a un certo clima, alla certezza delle nostre vite, a determinate comodità, che se dovessero venirci a mancare entreremmo nel panico come alcuni dei personaggi. Ma non tutti. Perché pur muovendosi nell’incertezza, pur combattendo un nemico potente e “impalpabile”, qualcuno mantiene la lucidità, o almeno ci prova. E tenta di fare la cosa giusta attraverso una storia scritta in modo ricercato e non sempre lineare, intervallata da liste (inclusa quella imperdibile che vede primeggiare Italo Calvino) e da sprazzi poetici che possono confondere il lettore alla ricerca di un’esposizione chiara. Io invece accetto un po’ di confusione e di rimescolamento delle carte in tavola, se in cambio ottengo un po’ di poesia.

17. L’arte di correre sotto la pioggia di Garth Stein
Se avessi saputo prima a chi si riferiva, quell’arte di correre sotto la pioggia, avrei letto questo libro anni fa. Lo chiamavano “il mago della pioggia” ed era il mio eroe, il mio mito, ciò che per le mie amiche, all’epoca, erano cantanti e attori. Ayrton Senna era la ragione per la quale amavo tanto la Formula 1, e la ragione per la quale non ho più visto un GP dopo il 1° maggio del 1994. Per anni ho continuato a girare con il cappellino di Senna e la bandiera del Brasile in auto e quando ho conosciuto mio marito, che aveva lo stesso “armamentario” nella sua auto, ho pensato che fosse un segno del destino. Come se non bastasse, questo romanzo è narrato da un cane. Ho scritto un libro in cui faccio “parlare” i miei tre cani, il cui ricavato viene devoluto in beneficenza, per il canile di Grignano (Bg). Per tutte queste ragioni, capirete che ho pensato di aver scoperto un libro destinato a diventare uno dei miei preferiti. Però non è andata così. Il romanzo mi è piaciuto, sia chiaro. Ma al di là delle parti divertenti (piuttosto rare) e di quelle drammatiche (eccessive), ho trovato l’evoluzione dei fatti troppo banale, scontata e inverosimile. Siamo di fronte a una favola per adulti ma senza un’aperta dichiarazione d’intenti: l’autore non scrive come se stesse raccontando una favola; ha una pretesa di verosimiglianza che infastidisce un po’. Me, almeno. Tutto sommato, però, alla fine il risultato c’è. E la passione, non si può negare, accompagna il racconto. Anche se le cose vanno esattamente come nelle favole, eppure non dovrebbero.

18. L’inferno di Treblinka di Vasilij Grossman 
Non posso certo dire che sia un bel libro. Non può esserlo, visto l’argomento. Ma è certamente un testo da leggere. Un modo per non nascondere la testa sotto la sabbia, affrontando la dura realtà di fatti veramente accaduti, a dispetto di qualunque scetticismo. Treblinka era l’inferno in terra e questo testo ce lo racconta per filo e per segno. Ci restituisce l’orrore della rassegnazione, la capacità di “abituarsi” allo sterminio perché si eseguono degli ordini. L’inferno di Treblinka è l’abisso dell’umanità, l’abolizione della coscienza, la macchina della morte che sfrutta la creatività umana per creare un’entità mostruosa. Pensate come sarebbe il mondo, oggi, se quella creatività e quell’ingegno fossero stati impiegati per migliorarlo, il mondo…

19. Quattrocento di Susana Fortes 
Noia. Noia, noia, noia. Non so se mi sono spiegata: noia! Ho fatto una tale fatica a finire questo libro che per rendere agevole il compito, durante la lettura ho infilato altri tre libri. Non è nemmeno scritto male, volendo. Tecnicamente parlando, dico. Ma il continuo passaggio fra presente e passato (con un passato molto più interessante del presente) sottolinea come l’autrice sia in grado di raccontare alcuni eventi storici con una certa dovizia di particolari e come non sia assolutamente in grado di appassionare il lettore con un racconto presente che è pieno di lacune. La protagonista è una studentessa straniera che si trova in Italia, ma l’autrice in Italia o non c’è stata o ha girato bendata. Tutto, dall'ospedale alla questura, dalla stazione di polizia, al sistema scolastico, pare inventato di sana pianta. Non corrisponde alla realtà italiana, quantomeno. Quindi, oltre che noioso, questo libro per un lettore italiano è anche piuttosto irritante. Mi sono incaponita e ho deciso di finirlo per avere un quadro completo della situazione, ma più che trovarlo mostruosamente prevedibile (mi riferisco sempre al presente, il resto è storia), stereotipato e banale, non ho potuto fare. C’ho provato, ma alla fine di valido qui c’è solo un viaggio nel passato che senza il suo corrispettivo nel perente avrebbe fatto la sua figura. La Fortes sa raccontare la storia, ma non sa inventare. E le sue metafore sono terribili. Davvero terribili.

20. Il mondo deve sapere di Michela Murgia 
Divertente? Senza dubbio. Istruttivo? Molto. Coraggioso? Direi. Raccontare tutti i dietro le quinte ingannevoli di una multinazionale non è da tutti. La lettura scorre, però ho trovato fastidioso l’autocompiacimento dell’autrice, che si dipinge a più riprese come l’unica persona intelligente in un’azienda di idioti. Dubito che i suoi colleghi siano tutti entusiasti/ignari/diabolici come vengono descritti. Il lavoro è lavoro, per tutti. Di conseguenza, se la protagonista “giustifica” la sua partecipazione al Grande Gioco della Multinazionale Cattiva, dovrebbe essere in grado di farlo anche con gli altri. Alla fine, di fatto, per darci tutte quelle informazioni - precise o romanzate che siano - al call center ci ha lavorato. Si è anche distinta per la bravura nell’ingannare i potenziali clienti. Il che fa sembrare un po’ ipocrita tutto il suo approccio a questo mondo malvagio in cui lei sarebbe l’unica paladina dell’umana intelligenza…

21. Ammazziamo il Gattopardo di Alan Friedman 
Da leggere. Punto. Non solo perché è una preziosa, istruttiva e documentata testimonianza diretta di uno straniero (perché questo è, Friedman: un americano con un punto di vista diverso da quello dell'italiano medio) sul sistema politico che ci ha portati in questa situazione. Questa disperata situazione che rischia di far fallire un Paese intero. Friedman ci racconta, perché li ha vissuti da protagonista indagatore del clima politico, gli anni Ottanta della Milano da bere, con la loro corruzione e ambizione. La “rivoluzione” degli anni Novanta, che a ben guardare di rivoluzionario non aveva questo granché. Altrimenti oggi non saremmo dove siamo. E ancora: l'eredità democristiana che ha tarpato le ali all’innovazione e che ha influito su alcune delle personalità politiche più in vista, spingendole a fare gli errori che hanno fatto. Friedman ci racconta la storia della politica italiana recente, ma    soprattutto i suoi protagonisti: Monti (politico fatto e finito, altro che tecnico); Napolitano (burattinaio alla faccia nostra); Berlusconi (niente di nuovo, su di lui. Sapevamo già cosa aspettarci); D’Almea (un omino afflitto dalla smania di fama e potere). E via dicendo. E poi la ricetta: laddove i politici non ci si mettono, a elaborare un piano, lo fa un giornalista. E bene. Senza sminuire il lavoro e l'impegno di Friedman, quindi, mi dico: se ci è riuscito lui, che di lavoro fa il giornalista, non può essere difficile da fare per un politico. Elaborare un piano sensato, realistico e oggettivo, dico. E applicarlo. Certo. A meno che non intervengano l’attaccamento alla poltrona e ai soldi pubblici…

22. Me parlare bello un giorno di David Sedaris 
Mi hanno scritto criticando il titolo del mio ultimo libro: “I rompicoglioni non muoiono mai”. Per qualcuno è troppo volgare, per altri semplicemente fastidioso. Io l’ho scelto per una serie di validi motivi, a cominciare dal suo legame con la storia. I libri non sono come gli articoli di giornale: fermarsi al titolo è un errore.  Quindi io non l’ho fatto. Il titolo di questo romanzo di Sedaris per me è proprio brutto. O meglio: suggerisce un contenuto diverso da quello che invece intrattiene, diverte, appassiona in questo viaggio fra l’America e la Francia. Fra pregiudizi, bizzarre storie di famiglia e tanta, tanta autoironia, David Sedaris ci regala un’opera leggera ma anche ricca di significato. Per imparare a non giudicare le persone dalle apparenze, né i libri dalla copertina. E tantomeno dal titolo.

23. Il testamento del maratoneta di Manuel Sgarella 
Premessa: Manuel era il mio compagno di banco alla Scuola di Cinema di Milano. Siamo diventati amici il primo giorno degli esami (lunghi e difficili) per l’ammissione. Quindi non vi sembrerò la persona più obiettiva per recensire questo lavoro. Di conseguenza proverò a impegnarmi per spiegarvi di cosa tratta il suo romanzo (che nella prima versione lessi molti anni fa), senza rovinarvi troppe sorprese. La storia è quella di Carlo Airoldi, maratoneta che fece l’impossibile per andare alle Olimpiadi di Atene del 1896 a rappresentare l’Italia. Fra realtà (tanta) e drammatizzazione (il giusto), la sua storia punta dritto verso l’obiettivo. Un obiettivo importante: la forza di volontà. Questa non è solo la storia di un uomo, è una storia sul potere della forza di volontà e della determinazione. Di quella convinzione, di quella fede in te stesso che ti fa andare avanti ogni giorno, a dispetto di tutti gli ostacoli imprevisti che allontanano sempre di più la tua meta. Non importa: “Il testamento del maratoneta” ci dice di non mollare mai, per nessuna ragione, anche quando non ci sono i mezzi per continuare un’impresa. Non contano le interferenze esterne: contano il carattere, la coerenza con se stessi e, come ho già detto, la fede. Al contrario di ciò che accade con la finzione, le storie vere non hanno sempre un lieto fine. In questo caso, la vita di Carlo Airoldi è avvincente proprio perché - se non conosci già la sua storia - non sai come andrà a finire (anche se speri che vada tutto bene). Ritrovandoti insieme al protagonista in un mondo pieno di confini, di barriere linguistiche, di incomunicabilità fra i popoli, di ostilità e pericoli. Un mondo ben diverso dal villaggio globale che conosciamo noi. Un mondo in cui amici e nemici, a volte, si distinguono solo quando è troppo tardi.

24. Il viaggio della strega bambina di Celia Rees
Non è “Il crogiolo” di Arthur Miller, ma per molti versi lo ricorda. I nomi (erano quelli, la varietà lasciava un po’ a desiderare). Gli eventi. I complotti. In fondo non è strano: la storia ci insegna come andarono le cose. Ci racconta i dettagli della caccia alle streghe. L’opera di Celia Rees, una storica, ha diversi punti in comune con il lavoro di Miller, a partire dalla restituzione di quel clima di paura in cui non è la verità a dominare, bensì l’accusa scaturita degli interessi personali. E poi ci sono il viaggio dal Vecchio al Nuovo Mondo, l’arrivo nella nuova comunità, le gelosie, le invidie, l’inesorabilità della propria posizione sociale. Uniti a un’accurata ricostruzione storica che restituisce immagini così vivide che pare di vedere un film, più che leggere un libro. So che succede sempre, con tutti i libri, ma questa volta il “dipinto” ha qualcosa di maestoso. La trama non è quella che mi aspettavo (del resto non avevo letto la sinossi) ma non sono rimasta delusa, anzi: non è “La chimera” di Vassalli, capolavoro assoluto del genere, ma trovo che sia comunque un romanzo di valore. Scritto sotto forma di diario e carico di spunti di riflessione.

25. Molto rumore per nulla di William Shakespeare
Direi che in questo caso ce la potremmo cavare anche con due sole parole “William” e “Shakespeare”. Non importa che debba farci ridere, spaventarci, farci struggere d’amore o spingerci a chiederci: “Essere o non essere?”. Non importa. Qualsiasi cosa porti il suo nome è un capolavoro. Punto. Io amo Shakespeare a prescindere. E amo questa commedia, tanto da rileggerla periodicamente. Beatrice è uno di quei personaggi così moderni da stupirmi ogni volta. Incredibile che sia “nata”, letterariamente parlando, nel 1600: rappresenta l’anteprima della donna emancipata, colta, parificata; la donna in grado di tener testa a chiunque, a prescindere da sesso e posizione sociale (indimenticabili i suoi continui battibecchi con Benedetto, vero fulcro comico della narrazione). Insomma: leggete Shakespeare. Leggetelo e rileggetelo. 


26. Piccoli banali incidenti di Cristina Brondoni
E' uscito oggi il primo ebook di narrativa della mia amica Cristina, collega giornalista e criminologa nonché mia co-autrice in "Crimini e serie tv: L'omicidio fra piccolo schermo e realtà". Ho visto che "Piccoli banali incidenti" è arrivato su Amazon stamattina all'alba, quindi l'ho inserito al foto finish e rientra nei titoli di febbraio. L'ho letto per scriverne la prefazione, quindi qui vi dirò solo che è la storia di Giovanni, impiegato in un call center, che giorno dopo giorno viene trascinato in un vortice di follia. O forse era già folle e le decine di clienti che ogni giorno lo mettono alla prova non hanno fatto altro che scatenare la sua follia... Comunque sia, il suo è un viaggio nel delirio di una società che ha perso ogni rispetto per gli altri e che, anche quando non ha nulla da fare, corre. Corre, corre. Proprio come facciamo noi, anche quando non dovremmo. Perché potrebbe essere pericoloso.

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