martedì 11 novembre 2014

For Serial Lovers: La vita è un telefilm

"For Serial Lovers" era una delle mie rubriche sul Magazine di Foxtv.it. 
Il germe dell'idea che avrebbe dato origine a Maniaci seriali, saggio sì ma soprattutto gesto d'amore per le serie tv. E per i suoi fan. Che no - lo ripeto per l'ennesima volta - non sono reietti privi di vita reale che si rintanano davanti alla tv sperando che i loro personaggi preferiti attraversino lo schermo come ne La rosa purpurea del Cairo.
Sono solamente persone appassionate e sensibili, che si affezionano a personaggi e vicende del piccolo schermo. 

E che, a volte, si sentono come loro, come i personaggi di una serie tv. Condividono le loro emozioni. Attendono gli sviluppi degli eventi che li vedono protagonisti. 

Proprio come succede a chi ama leggere, andare al cinema o guardare una partita in tv.


Spero che non ve la prenderete per il peccatuccio di presunzione che mi fa dire "La vita è un telefilm", come il titolo del libro del 2008 firmato insieme a Leo Damerini. Perché i titoli non sono mai casuali. E io ci credo davvero: la vita è un telefilm.



La mia, almeno. Per questo riprendo un discorso iniziato proprio nella rubrica "For Serial Lovers", aggiornandolo a un decennio (abbondante) di esperienza sul campo.
La mia passione per le serie tv, così come quella per il cinema e la lettura, miei primi amori, affonda le sue radici nelle mie esperienze personali
Mi sono resa conto che paragono spesso le persone che mi circondano e le situazioni che vivo a personaggi e situazioni viste in tv. È un senso di deja vu, quello che mi pervade quando accade, perché io quelle persone le ho già incontrate, e quelle sensazioni le ho già vissute. Da spettatrice.
Credo che le nostre passioni traggano spunto da qualcosa che ci riguarda da vicino, qualcosa che è intimamente legato alla nostra natura, alla nostra visione del mondo, alle nostre esperienze.
Io vivio i film, i libri e i telefilm a modo mio, come tutti. Per me, in tante occasioni hanno rappresentato l’unica forma d’evasione che mi era concessa. Erano lì, a portata di mano, pronti a distrarmi e a trasportarmi “altrove” con la loro magia. A volte evadere – seppur solo con la fantasia – è l’unica possibilità per sopportare le situazioni più difficili. Nel mio caso, ad esempio, capita spesso di trovarsi costretti a letto, soli con i propri pensieri: la salute non è il mio forte e in quei momenti perdersi fra le pagine di un libro o abbandonarsi alle storie sullo schermo è l'unica cosa da fare. 
Ma qualche volta un film è troppo impegnativo e un libro troppo faticoso. Quando la forza è poca, arrivano loro. Le serie tv. Quarantacinque minuti di passione o, ancora meglio in quei casi, venti minuti di divertimento con una sitcom.
E per venti, o quarantacinque minuti, voilà. Finisci trasportata in un altro mondo. Ritrovi i tuoi "amici", personaggi che conosci bene perché li frequenti spesso. Pensi a qualcos'altro, i tuoi problemi non esistono più e ti concentri sui loro. Sulle difficoltà di relazione fra Sheldon Cooper e Amy Farrah Fowler. Sull'ennesima sfuriata del Dottor Kelso. Sulle nuove, appassionanti indagini di Sherlock Holmes e Joan (sì, Joan, non John) Watson. Sulla lotta per la sopravvivenza di Rick Grimes. Sui tormenti amorosi di Meredith Grey.
Le possibilità di scelta sono infinite. E tutte a portata di mano: canali tematici, sky on demand, DVD, Blu-Ray. Ho il mondo, anzi un'infinità di mondi, in una stanza. Non mi resta che esplorarli.
Nelle sitcom non succede mai nulla di veramente brutto. Tu lo sai, e questo ti conforta. E c’è dell’altro. I sentimenti sono universali. Non importa dove la serie che stai guardando sia stata girata, o in che mondo sia ambientata. Che ci siano i draghi de Il trono di spade o i personaggi delle fiabe di C'era una volta, il risultato è lo stesso: le serie tv ti ricordano qualcosa che appartiene anche alla tua vita. La mia vita è un telefilm, sì.
Non vedo il mare, il mio amato mare, da dodici anni. In compenso sono stata un sacco di volte sull'isola di Lost. E ho cucinato roba da far invidia a Bree Van De Kamp. E ho letto i fumetti che piacciono a Leonard e Sheldon.
Ho condiviso i sogni di Allison Dubois e mi sono irritata con suo marito (possibile, Joe, che ogni santa volta tu debba essere scettico? "E' solo un sogno"... Sì, ti piacerebbe!).
Ho odiato l'Hydra e fatto il tifo per lo Shield. Ho analizzato minuziosamente le prove raccolte da Grissom e sono stata infinte volte sul Ponte Ologrammi.
Ho ammazzato vampiri (ma davvero: mentre scrivevo il primo libro su Buffy, una notte ho tirato una legnata al povero coniuge. Stavo sognando di impalettare un vampiro) e sono fuggita dagli zombie (ogni lunedì notte, per la precisione. Dopo la nuova puntata di The Walking Dead).
Ho gridato "Dracarys" a qualcuno, mi sono infilata una tuta gialla e ho cucinato (...). 
Ho complottato insieme a Frank Underwood e Nucky Thompson. 
Sono andata a caccia con Dexter Morgan e ho zoppicato col Dottor House.
Ho incasinato il teletrasporto (succede, abbiate pazienza) e viaggiato a bordo della Serenity. Ho ascoltato le ultime notizie dalla voce di Will McAvoy.
Ho bevuto Tru Blood e masticato semi di girasole. Ho girato l'America su un'Impala nera del '67 e ho attraversato lo Stargate un'infinità di volte.
Poi però sono sempre tornata a casa. Divertita, emozionata, eccitata dall'attesa dei nuovi sviluppi di storie che fanno parte di me. E della mia vita. Che resta, ben inteso, "vera" e concreta. Ma allietata da tanti amici speciali.

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