sabato 31 dicembre 2016

Il caleidoscopio

Ci penso da molto tempo, da anni. Finalmente ho trovato il coraggio per provare a condividerlo, scrivendone.
Io lo chiamo in tanti modi: "dormiveglia del malessere", "sveglia a metà", "dolore a occhi aperti"... Ma credo che la definizione più adatta, fra tutte quelle che ho utilizzato sia "caleidoscopio".
Non è uno stato inusuale (credo, e spero), né in qualche modo "riservato".
Si tratta, piuttosto, di quell'esperienza che chi non può assumere antidolorifici o antinfiammatori condivide certamente con me: la sofferenza.
Si tratta solo di sopportare il dolore. Tenere duro.
Resistere mentre il male ti tiene sveglio, perché è troppo forte per lasciarti riposare, ma non ti consente di essere "davvero" presente, perché è troppo profondo per lasciarti lucido.
In quei momenti - che purtroppo nella mia vita sono frequenti, e in quest'ultima settimana onnipresenti - il pensiero corre liberamente.
Mi vengono in mente le cose più assurde, cose che spesso non ricordo, un po' come accade con i sogni.
Me ne sto lì, con gli occhi chiusi, cercando di pensare a qualcosa che mi distragga da un dolore che riempie il mio corpo e la mia testa, ed è in quel momento che inizio a guardare nel caleidoscopio.
La mia mente ha accesso a un caleidoscopio di pensieri, idee che si trasformano in altre, pescando dal passato, dal presente, dai desideri, dalle delusioni.
I pensieri mutano, subiscono metamorfosi, si associano fra loro all'insegna della casualità dando vita a nuove forme, nuove idee, nuove immagini.

Ieri, per esempio, ricordo distintamente la sagoma di un orso. Forse la mia mente ha pescato dalla storia di una coppia che ne ha adottato uno e lo tiene in casa, come un animale domestico.
Chissà come, poi, l'orso è diventato una montagna (per il libro che sto leggendo?), e poi un girasole.
Il girasole proprio non me lo spiego: è un fiore che non mi piace affatto.
Nemmeno il dolore mi piace, ma ormai è diventato una presenza fissa.
Da vent'anni, per via della mia malattia cronica intestinale, non prendo un antidolorifico o un antinfiammatorio.
Ho avuto otiti, pulpiti, fratture, distorsioni, e naturalmente decine di coliche al giorno - come in quest'ultima settimana - da fronteggiare solo con la mia forza di volontà. Con la mia pazienza. Con il mio coraggio.

Mi chiedo sempre, quando incontro qualcuno per strada, se anche lui combatte la mia battaglia.
Se sa cosa significa farsi forza e contare solo su se stessi, perché quando il dolore prende il sopravvento e i farmaci non possono intervenire, ci sei solo tu.
Tu. Solo con te stesso e quel caleidoscopio di pensieri il cui unico scopo è impedirti di concentrare la mente sulle sensazioni dolorose che il corpo le invia.
Quando non riesci a leggere, né a parlare, né a guardare la TV, c'è il caleidoscopio.

Sì, mi chiedo spesso se gli estranei condividono questa mia esperienza.
E chiedendomelo, non posso che guardarli con occhi diversi.
Per questo, quando me lo consentono, cerco di essere gentile con tutti.
Un sorriso non costa nulla.
Migliora la giornata di chiunque, soprattutto di qualcuno che in quel momento è lì, ma che in molte altre occasioni è chiuso nel suo dolore.
Da solo.
Il dolore non si esorcizza, ma si combatte.
Anche a suon di sorrisi.
Siate gentili con il prossimo.
Non sapete quali battaglie sta affrontando.
Non sapete quali dovrete affrontare voi.
Rispettate il mondo e le creature che vi circondano.
Ricordatevi di apprezzare ciò che avete.

Non lasciate che la fortuna di essere sani vi chiuda gli occhi.
Apriteli.
Guardate oltre le apparenze e il vostro mondo si arricchirà di colori, suoni, profumi.
Vi auguro di riuscirci.
Di godere di ottima salute.
E di affrontare l'anno nuovo con la convinzione che la gentilezza può cambiare il mondo.
Se vedete qualcuno cadere, fermatevi per aiutarlo a rialzarsi.
Se v'imbattete in qualcuno in difficoltà, non tirate dritto. Fermatevi. Magari, quando sarete voi ad aver bisogno, troverete qualcuno disposto ad aiutarvi...
Buon 2017.

Nessun commento:

Posta un commento