martedì 23 maggio 2017

Nei panni degli altri: di Nicky Hayden, della strage alla Manchester Arena, del ricordo di Giovanni Falcone

Ci pensavo ieri, quando è arrivata la notizia della morte di Nicky Hayden, a poche ore dalle discussioni sul filmato dell'incidente che in seguito lo avrebbe ucciso.
Immagini che, stando alle notizie, dimostrerebbero la sua responsabilità: il pilota sarebbe uscito dritto da uno Stop in sella alla sua bici, finendo contro all'auto che sopraggiungeva proprio in quel momento.
L'impatto è stato violentissimo e, dopo giorni di agonia, Hayden si è spento ieri pomeriggio.
Aveva solo 35 anni.
Fin dall'annuncio dell'incidente, i leoni da tastiera si erano scatenati: chi crocifiggeva "l'automobilista assassino", chi dava addosso ai "maledetti ciclisti", chi piangeva come se fosse successo a "uno di famiglia anche se non lo conoscevo".


E poi, ieri, il culmine: "ecco, vedete, è uscito dritto da uno Stop, se l'è cercata".
Come se avesse fatto apposta, a sfidare la sorte. Proprio lui che era sopravvissuto una vita a corse in moto a 300 chilometri orari.
Nicky Hayden non era a casa sua. Non conosceva la strada che percorreva, con ogni probabilità. Magari non ha fatto in tempo ad accorgersi, di quello Stop. Non lo sapremo mai.
Una cosa, però, la sappiamo: la rete sembra aver cancellato definitivamente la pietà dai nostri cuori.
La pietà per il dolore di parenti e amici di un ragazzo che non c'è più.
La pietà scaturita dall'umana - innata, una volta - capacità di mettersi per un attimo nei panni degli altri.

Quella capacità chiamata empatia, che le tastiere dei computer sembrano aver cancellato.
Quella stessa capacità che stamattina, al risveglio con la terribile notizia della strage di ragazzini alla Manchester Arena, sembra essere scomparsa.
Sto leggendo un po' di tutto. Per fortuna, c'è anche chi si mette nei panni dei genitori di quei ragazzini presi di mira. Volutamente presi di mira.
Ma c'è soprattutto chi si erge al di sopra dell'umana pietà, con deliranti discorsi (ne ho sentito uno durante l'intervista telefonica a un giornalista che si trovava a Manchester) incentrati su un unico argomento: non fermare l'accoglienza.
Per collegare la strage di Manchester al fenomeno dell'immigrazione bisogna essere davvero determinati. Lucidi. E incapaci di pensare a ciò che dovrebbe contare in circostanze come queste: l'umana pietà per le vittime, per le loro famiglie, per i loro amici.
Centinaia e centinaia di vite, ieri sera, sono state sconvolte.
Niente, per loro, sarà più come prima.
Io lo so bene.
Ma politologi, sociologi e deliranti dell'ultima ora sembrano non saperlo.
Devono essere fortunati: evidentemente, non hanno mai perso nessuno. Non sanno cosa si prova, si limitano a immaginarlo... Ma da una certa distanza.
Dov'è finita l'empatia? Dove sono le lacrime, le parole di cordoglio, la comprensione, la solidarietà?
Nascoste nel solito posto: dietro all'odio, dietro all'ignoranza. E, naturalmente, dietro ai soldi.
Quelli che finanziano i signori della morte. Quelli che arricchiscono gli spietati sfruttatori di anime. Quelli che girano attorno alla politica.
Alla fine, pare, è solo l'atteggiamento politico a contare: si mandano messaggi di cordoglio e si continua a occuparsi delle solite beghe, dei soliti ladri (noti), delle solite bugie.
Perché siamo vicini alle elezioni.
Ebbene, signori miei, io oggi alle elezioni proprio non ci voglio pensare.
Non voglio saperne nulla.
Io, oggi, penso alle famiglie di quei ragazzini - 22, mentre scrivo, ma il numero temo sia destinato ad aumentare.
Io, oggi, penso alla famiglia, agli amici e ai tifosi di Nicky Hayden.
Io, oggi, penso a Giovanni Falcone, a ciò che rappresenta, al momento - indelebile, nella mia memoria - in cui sentii alla radio la notizia della sua morte.
Io, oggi, penso a Francesca Morvillo, a Vito Schifano, ad Antonio Montinaro e a Rocco Dicillo.
Io, oggi, penso con dolore ai sentimenti di chi resta - con il cuore spezzato - e alla paura di chi non c'è più.
Io, oggi, penso a come si sta nei panni degli altri.
Perché quei panni sono stati anche i miei.
E proprio non capisco - davvero, non ci riesco - come si possa pensare ad altro, oggi.

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