venerdì 5 gennaio 2018

Questione di apparenze

Premessa: sono stesa da un virus gastrointestinale (perché una recidiva della mia M.I.C.I. non bastava...) quindi sto dettando questo post tramite il telefono. Siate magnanimi e perdonate eventuali refusi.
Stamattina Facebook mi ha proposto un ricordo di svariati anni fa, otto per la precisione.
Una foto insieme ai miei amici che risale all'epoca del dosaggio criminale (fatemelo dire) di 150mg di cortisone al giorno.
Ho scoperto recentemente che non si danno mai dosaggi così alti, perché non servono (se non a farti venire gli attacchi di panico e a non farti dormire per tre mesi, oltre a mettere su una vagonata di chili, s'intende).
Ma non è questo il punto. Il punto è un altro: ero io. Ero sempre io.
Io, che non riuscivo ad allacciarmi le scarpe e a chinarmi per infilarmi i pantaloni.
Io, che vivevo seduta o sdraiata perché camminare era un martirio.
Io, che mi facevo settimane ricoverata  in ospedale a digiuno e tornavo a casa con due chili di più.

Io, che avevo raggiunto (non in questa foto, ma poco ci mancava) il peso record di 140 chili e non riuscivo più a muovermi.
Io, che mi sentivo dire che era per via dell'ipotiroidismo cronico autoimmune (ma, puta caso, ce l'ho ancora e non sono più gravemente obesa...).
Ero io, sì.
Io che, dopo aver messo su quasi 80 chili nell'arco di un anno mi vergognavo a uscire di casa.
Io, che venivo additata dai bambini, intenti a guardarmi con gli occhi sgranati.
Io, che non ho mangiato un gelato per anni perché l'idea di farmi vedere mentre mangiavo - in quelle condizioni di peso - mi faceva stare male.
Io, una trentenne che non era più autosufficiente esclusivamente per una questione di peso.
Io, che stavo a dieta e non perdevo un etto. Anzi: ingrassavo.
Io, che continuavo a ripetere al mio gastroenterologo di allora: "Dottore, così però continuo a ingrassare. Non riesco più a muovermi" e mi sentivo rispondere: "Eh, lo so ma io devo tenere sotto controllo il Crohn. Quello è prioritario".
Io, che sono passata nelle mani di un ciarlatano dopo l'altro, inclusa una che mi proponeva addirittura un ricovero in una clinica per disturbi alimentari (non avrei perso un etto, cretina! Era il cortisone!).
Io, che ci sono andata di mia spontanea volontà, quando avevo iniziato a ingrassare, in un centro per disturbi alimentari.
Circondata da ragazzine giovanissime che si rifiutavano di mangiare, sottoposta a svariati test con la conclusione: "Tu non hai nessun disturbo alimentare, grazie per essere venuta ma non tornare più. Non possiamo aiutarti".
Io.
Io, che ho passato l'inferno quando - da un giorno all'altro - mettevo su talmente tanto peso che alzandomi i piedi mi facevano male da impazzire: non erano pronti a sopportare una mole del genere.
Io, che mi sono distrutta le ginocchia e le anche.
Io, che almeno ho imparato a circondarmi di chi non mi giudicava per il mio aspetto (alla faccia di chi mi faceva pesare "Guarda quanto sei ingrassata eppure io ti parlo ancora"...).
Io.
Io, che da vent'anni di dolore, di cure sbagliate, di medici incompetenti e brutta persone, ho imparato a fare una cosa infinitamente preziosa: a non giudicare le persone dal loro aspetto.
Per questo sono qui a raccontarvelo: per spingervi a fare lo stesso.
Insegnate ai vostri figli a non fissare le persone obese, soprattutto se sono giovani e insicure.
Non sappiamo perché sono ridotte in quello stato.
Non possiamo sapere contro cosa stanno combattendo.
E vale per tutti: grassi, magri, belli e brutti.
Facciamo fruttare i miei anni di martirio: impariamo a non giudicare il libro dalla copertina.

1 commento:

  1. Brutta esperienza, bellissime parole. Mi ha ricordato, seppur vagamente, "Una forma di vita" di Amélie Nothomb, molto bello.
    Buonagiornata a tutte

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